Nicolò Giuseppe Bellia

APPUNTI BIOGRAFICI

Ora che, a seguito del lancio della ADNKRONOS del 19 Ottobre 1996, relativo alla mia fortunata scoperta dell’Algoritmo per la soluzione delle equazioni di grado "n", si è avviato un notevole interesse dei Media per tale scoperta e conseguentemente per la mia persona, è opportuno che io fornisca una serie di informazioni oggettive sulla mia vita. Sono nato a Menfi in provincia di Agrigento il 20 Luglio del 1931 da una famiglia di Imprenditori edili. Ho avuto la fortuna di avere due genitori eccezionali. Mia madre, Maria Piazza (26 11 1908 -10 12 1985) era una donna che univa ad una immensa bontà e semplicità d’animo una fermezza di fede che non le è mai venuta meno in tutta la sua vita. Mio padre, Calogero Bellia (2 12 1903 - 2 10 1994) era un uomo creativo e proiettato nel futuro. Nel campo dell’edilizia ha, fin dalla sua gioventù, mostrato un grande talento di cui sono testimonianza le importanti opere da lui realizzate. Mio nonno materno, Cristofano Piazza (21 8 1878 - 13 3 1965) era dotato di una grande dolcezza oltre che di notevoli capacità imprenditoriali, coronate da successo. Anche gli altri parenti mi amavano ed erano da me riamati. Ricordo anche Suor Alessandrina dell’asilo, la Maestra Clemente della prima e seconda elementare ed il caro Maestro Giuseppe Genovese, amante della Matematica, fino alla quinta classe. Ricordo con grande affetto una miriade di altre persone ed amici che sono vivi nella mia memoria, che non posso citare perché i soli nomi riempirebbero un gran numero di pagine. Un particolare ricordo ho della Professoressa della prima media (1941-1942) del Tommaso Fazello di Sciacca il cui cognome mi dicono sia Fauci e che spero di potere presto incontrare. Il suo giudizio sulla pagella ha reso particolarmente felice mio padre:"È avido di conoscere e di apprenddere. Ha mostrato spiccate tendenze per la Matematica. È buono ed amico con tutti." Ho anche un bel ricordo del Professore di Matematica di cui purtroppo non ricordo il nome e del caro "don" Michelino De Gregorio che ci teneva a pensione in un appartamento della salita in cui vi era il Tommaso Fazello. Tra i pensionanti ricordo l’attuale Generale Tavormina, scuro di carnagione e con due grandi occhi intelligenti. A Sciacca ho frequentato la prima e la seconda media e mi è rimasta nel cuore per il carattere allegro dei suoi abitanti e per le bellezze naturali. Ricordo i cari parenti Di Carlo e mio zio Liborio Monteleone, imprenditore del settore trasporti, che ho avuto affettuosamente e simpaticamente vicino negli ultimi anni della sua vita. Molti altri mi sono presenti. Ho frequentato la terza media a Menfi e ricordo tutti i cari compagni ed il professore di lettere Giacomo Alongi da tutti affettuosamente chiamato "Giacumineddru" e che ho avuto l’immenso piacere di abbracciare nella mia visita a Menfi del 18 e 19 Novembre in occasione dei festeggiamenti che hanno voluto dedicarmi.. Negli intervalli scolastici mi davo un gran da fare con gli amici che ancora ricordano, con me, le nostre avventure. Ricordo affettuosamente, in rappresentanza di tutti il caro Sasà Barbera che mi è stato amico e compagno, dall’asilo alle medie, ed oggi affettuosamente a me vicino e parente, avendo sposato la mia cara cugina Susanna Bellia. Molti ricordano una mia precoce impresa industriale (avevo circa 11 anni) consistente nel costruire a domicilio, con quel che trovavo in casa, dei piccoli apparecchi elettrolitici che avevano due piastrine che strofinate con un pennello di fili di rame avvolto di cotone e intinto nella benzina, generavano delle scintille producendo una fiamma. Allora scarseggiavano, per la guerra, gli zolfanelli e la gente mi pagava con delle uova che portavo trionfante alla mia cara mamma che era orgogliosa, nella sua ingenuità, di questo figlio "inventore" e ciò la ripagava in parte delle apprensioni che la mia vivacità le provocavano. Gli amici ed io ancora ricordiamo molte altre imprese fantasiose che tenevano allegro il Paese, salvo quella volta che giocando con archi e frecce di stecche di ombrelli ci divertivamo a provocare scintille elettriche sui fili, nelle vicinanze dell’unico cinema e ci siamo divertiti finché non si sono spalancate le porte del cinema ed un fiume di persone è uscito per tornare pazientemente a casa: la proiezione non poteva continuare per interruzione dell’energia elettrica. Non ricordo conseguenze spiacevoli: tutti ci volevano bene e ci sopportavano. Mio padre, - che era socio de "LA Misuratina", una società edilizia in Tripolitania, dove tra l’altro aveva costruito la grande cantina sociale del Conte Volpi di Misurata - , rientrato a causa degli eventi bellici ed impegnato nella costruzione della scuola paracadutisti di Tarquinia, in una sua visita a Menfi, mi ha proposto di andare con lui, anche perché mia madre e mio nonno, con tutto il loro affetto, non riuscivano più a tenermi a freno. Io accettai con un entusiasmo superiore agli importantissimi affetti da cui mi accingevo ad allontanarmi. Era l’autunno del 1943 ed io avevo 12 anni. La corriera della ditta Gallo di Sciacca dava inizio al mio viaggio verso il futuro. Dopo varie peripezie, per lo stato delle ferrovie a causa della guerra, arrivammo a Tarquinia dove completai la terza media e poi frequentai il primo ed il secondo anno del liceo scientifico, tenuto dai frati francescani, di cui ricordo il mio "maestro" di latino, padre Augusto Carboni e il preside padre Cherubino Sericoli. Strappato agli affetti della mia Menfi ho iniziato a formarmi nuove amicizie e tra tutte, particolarmente cara mi è quella dell’ottimo Marcello Catarcini, che anni dopo ho rincontrato farmacista a Viterbo. Tempo fa mi hanno detto che è morto, ma Marcello è sempre vivo nel mio cuore come in quello dei suoi cari. A Menfi cominciava a manifestarsi il mio interesse per le fanciulle e a Tarquinia si definivasempre più con qualche tentativo di avvicinamento. Ricordo le mie discussioni con Marcello in cui entrambi affermavamo la nostra concezione idealistica della vita e in cui la donna assumeva il simbolo della Bellezza e della Virtù. Insomma, eravamo dei stilnoviani e disprezzavamo quelli che chiamavamo, con un nostro termine, "carnitanghi". Noi privilegiavamo le gioie dello Spirito che cercavamo anche nelle sue manifestazioni materali. Dall’architetto Luigi Borin, socio di mio padre a Tripoli e a Tarquinia ho avuto in dono il libro di Giuseppe Mazzini I DOVERI DELL’UOMO da cui ho appreso il caldo amore verso la Patria. Quando in Tarquinia cominciavano a spuntare le nuove radici affettive, nel 1946 sono stato iscritto a frequentare il 3° liceo scientifico al Cavour di Roma. Ancora una volta la Sorte è stata benigna con me e mi ha dato l’agio di abitare a Roma, in Via Nazionale 172, all’attico, di fronte a villa Aldobrandini, presso la cara signorina Rosina Rulli, pensionata dell’INA. La signorina Rulli era parente di Numa Bini, amico di mio padre dai tempi del suo servizio militare a Roma e nel frattempo purtroppo deceduto. Sono stato seguito ed accudito amorevolmente e poi sono stato raggiunto da mio padre e da mia madre, che nel frattempo era arrivata a Tarquinia con mio fratello ed abitavano in piazza S. Giovanni. Dalla Signorina Rulli ho ricevuto in dono LE MIE PRIGIONI di Silvio Pellico, un libro che porto sempre con me e le cui parole conclusive continuo ancora oggi a meditare "Ah! delle passate sciagure e della contentezza presente, come di tutto il bene ed il male che mi sarà serbato, sia benedetta la Provvidenza, della quale gli uomini e le cose, si voglia o non si vo-glia, sono mirabili stromenti ch'ella sa adoprare a fini degni di sè." A Roma era un po’ più difficile mettere radici e le amicizie restavano superficiali. Anche di questo sono grato al Destino, perché da tale circostanza è scaturita la mia necessità di guardare in me stesso per trovare il mio orientamento autonomo nella vita cercando tutte le fonti culturali capaci di aiutarmi. Nel 1949 ho conseguito la maturità scientifica e non ho potuto iscrivermi all’università per malintesi con mio padre e con la signorina Rulli, malgrado l’intervento del caro Don Carlo Cingolani, disposto ad aiutarmi. Dopo ho capito che anche a questo proposito, il Destino lavorava per il mio bene. Trovatomi un lavoretto, dopo due anni mi sono iscritto a Ingegneria, ma prima della fine del biennio mi sono ritirato in quanto non riuscivo a ricavare da tale tipo di studi quell’appagamento interiore cui il mio essere anelava, in ciò aiutato da una esperienza affettiva che mi aveva maturato. Da questo momento inizia il mio confronto personale con la Vita svolto su due piani. Da un lato il lavoro, per assicurarmi i mezzi di sopravvivenza e dall’altro gli approfondimenti culturali, per rispondere ai bisogni di conoscenza della mia Anima. Ho cercato e avuto grandi Maestri, vivi e defunti, e li ho studiati e venerati. Dal 1952 al 1959 mi sono impegnato in tre direzioni. Da un lato ho cercato di ampliare la mia cultura frequentando la Biblioteca Nazionale di Roma, che allora era in Via del Collegio Romano, frequentando un gruppo di amici, che incontrati successivamente hanno tutti mostrato una grande nostalgia per quei tempi. Il mio interesse andava dalla filosofia alla antropologia e alla scienza trovando in quella biblioteca tutti i libri capaci di venirmi incontro. Ho provato a leggere anche Woodhouse ma mi è stato reso impossibile dal fatto che gli improvvisi e irrefrenabili scoppi di risate, provocate dalla lettura, non si conciliavano con l’atmosfera di silenzio e di raccoglimento della saletta del secondo piano, così che dovevo interrompere la lettura dopo poche pagine, simulando attacchi di tosse. Tra un gruppo di amici, che erano impegnati politicamente, ho cercato di portare la serietà culturale di Mazzini, senza troppo successo così che finimmo per separarci. È di quel periodo il mio incontro con Massimo Scaligero, maestro di saggezza, con il quale mi incontravo a Porta San Pancrazio in una atmosfera seria e gioiosa allo stesso tempo. I nostri incontri non erano frequentissimi ma siamo rimasti interiormente legati e mi raccontano che Massimo, ogni tanto, raccontava di episodi esilaranti che mi vedevano protagonista. Massimo oltre che maestro mi è stato sincero amico. Alternavo tali periodi aiutando mio padre nei cantieri in cui era impegnato apprendendo l’arte del costruire. Dopo l’intervallo del servizio militare mi sono impegnato nel completamento dell’Istituto delle Suore della Provvidenza, alla Pineta Sacchetti, dove ho avuta vicina una luminosa figura di suora, Madre Flavia, sorella di un Senatore, con la quale si discuteva della realizzazione delle direttive dell’ingegnere Hoerner, avendola sempre solidale. Considero un dono del Destino questo incontro che mi ha fatto bene all’anima e il cui ricordo mi accompagnerà per sempre. Contemporaneamente portavo avanti un mio progetto di una calcolatrice tascabile , da me brevettata e realizzata in forma di prototipo, basata sui bastoni di Nepero, da me riscoperti e successivamente prodotta e messa in commercio con il nome di Eulog. È anche di tale periodo un mio viaggio a Milano chiamato da Emilio Lagomarsino cui avevo sottoposto una mia idea per una calcolatrice che sostituisse alle trasmissioni meccaniche quelle elettriche. Si trattava dell’idea dei personal computers che ancora non erano nati. A quell’incontro ha partecipato un certo Sig. Savi che ricordo con simpatia. Ho inviato la mia idea anche alla Olivetti che mi ha risposto invitandomi a depositare il brevetto In tale periodo ho lavorato come disegnatore alla CTIP, con l’Ing. Cannata e con il Sig. Giubilei, nel reparto Strutture, dove si progettavano raffinerie. Usavamo degli "standards" della Esso ed io ho aggiunto un mio "standard" che facilitava il controllo dei fori di base delle scale delle passerelle. Credo che questo standard sia ancora in uso. Questo periodo si conclude con l’incontro con l’ingegner Francesco Nuti (1897 - 1987) cui mio padre mi aveva raccomandato, durante la costruzione delle importanti ville della Minerva Vita, in via del Giordano in Roma. Avendomi l’ingegner Nuti mandato a Catania a ristrutturare degli uffici della Trinacria Assicurazioni, in piazza Stesicoro, ( Via Neve.) , e avendo visto che in pochi mesi avevo portato a termine brillantemente il lavoro, mentre in un primo tempo mi aveva prospettato di farmi realizzare un albergo a Udine, visto il mio modo di lavorare mi ha portato con sé a Roma, lasciandomi, negli uffici di via Sistina, letteralmente la sua scrivania in cui vi erano le pratiche immobiliari da lui personalmente curate. Nel periodo dei lavori a Catania, 1958, mi ero sposato. Mi sono trovato sulle spalle il patrimonio immobiliare di Roma del Gruppo Minerva. Il mio compito era quello di incrementare il valore degli immobili e di metterli a reddito. Ho iniziato ristrutturando gli appartamenti di Via Sistina e di Via Genova, trasformandoli in mini-appartamenti, su due piani, data l’altezza dei soffitti. Il mio nuovo ufficio era in Via di Torre Argentina, nella ricostruita biblioteca che era stata del Ministro Sidney Sonnino ed in cui fu firmato il Patto di Londra. L’ingegner Nuti era a un capo del salone di 11 metri ed io all’altro capo, con la segretaria in comune. Il mio rapporto con lui era come quello di un figlio con un padre e lui ricambiava questo sentimento e come padre e figlio si litigava spesso per difendere le proprie tesi tecniche. Dopo quattro anni e mezzo di lavoro ho dato le dimissioni, perché nell’Amministrazione si era creata un’atmosfera eccessivamente pesante a seguito di dubbi sulla mia correttezza nella gestione del patrimonio. Ho lasciato la possibilità che controllassero con calma la mia gestione e con l’ingegner Nuti siamo rimasti amici fino al giorno della Sua morte (1987) in cui ci dovevamo incontrare per avviare un progetto di costruzione di ospizi per anziani. Coltivo l’illusione che se fossimo riusciti a incontrarci l’entusiasmo del lavoro lo avrebbe rianimato. Ricordo una scena - eravamo alla fine degli anni ’70 -, durante il completamento dell’albergo di via del Bufalo - che sbocca in piazza San Silvestro in Roma - che avevo accettato di ultimare su sue pressanti richieste. Scendevamo le scale discutendo animatamente su un "pavimento" - lui toscano e io siciliano - circondati da funzionari del gruppo assicurativo, quando l’ingegner Nuti sospende improvvisamente il diverbio e rivolto alle persone che ci circondavano dice: "non fateci caso io a lui voglio bene come a un figlio", e noi potemmo così, tranquillamente, continuare la nostra animata discussione. Ho voluto bene all’ingegner Nuti non come da figlio a padre ma come da padre a figlio e l’ho sempre aiutato ogni qual volta ha avuto bisogno di me. Lo sento sempre vicino. Innumerevoli eventi della mia vita sono legati alla persona dell’ingegner Nuti. Lasciato il gruppo assicurativo Minerva - 1963 - (L’ho mai veramente lasciato? Visto che periodicamente l’ingegner Nuti mi chiamava a risolvere qualche problema.), ho iniziato l’attività di Costruttore realizzando svariati fabbricati, in Ladispoli e in Fiumicino, interamente progettati da me - anche per le strutture in cemento armato -, varie importanti Ville in Casal Palocco e in Fiumicino, con la firma dell’ingegner Zenobi. Verso la fine degli anni ’70, stanco di combattere con la burocrazia comunale, tramite una mia trasmissione in una radio privata di cui ero comproprietario, conobbi il Prof. Dragoni e rilevai la sua società Drag-on che produceva saldatrici elettrolitiche e vitreotomi per operazioni agli occhi sperimentati dal celebre prof. Strampelli. Mi sono reso conto che il rendimento energetico delle saldatrici era di appena il 25% ed ho iniziato a progettare un mio modello di cella elettrolitica con rendimento superiore al 90%. Nel 1979 ho voluto darmi una pausa di riflessione per prendere posizione nei confronti della vita sociale che diveniva sempre più complicata. Ne è risultato un mio saggio intitolato LA VIA D’USCITA pubblicato con lo pseudonimo di Nicola Benigi. Per anni ho prodotto e venduto le mie saldatrici, molte delle quali sono ancora in funzione. Ma la mia innata ricerca della perfezione mi ha portato a realizzare decine di versioni di tale saldatrice, che è stata anche prodotta e venduta oltre che dalla Drag-on Srl di mia proprietà, dalla VISCOBELL Spa di Bari di cui ero socio. Realizzato il massimo possibile con la VISCOBELL a seguito di un incontro a Rimini con Ferruccio Ferrari, prendo una "cotta" per la batteria al piombo da questi realizzata. Prendo in mano la cosa e realizzata l’interpretazione scientifica del motivo per cui tale batteria manteneva nel temppo integri i suoi elementi, lancio tale prodotto, nel frattempo brevettato, col nome da me creato di LITOBATTERIA. Ne parlarono il Corriere della Sera (Mezza pagina dell’edizione del Giovedì.), Panorama e altri giornali. Organizzai una conferenza stampa nella bella e gioiosa atmosfera di Rimini per diffondere ulteriormente la notizia. Si ebbero degli ottimi riscontri. Entrò subito in fibrillazione il settore italiano della produzione di batterie al piombo. Avevo diffuso la notizia che non si rilasciavano licenze, ma che i trattamenti degli elementi dovevano essere fatti presso un nostro stabilimento e con una apparecchiatura progettata da me e attuata rapidamente. Giustamente l’associazione dei costruttori di batterie al piombo ha fatto quadrato per non subire questa imposizione. Nel frattempo chiedevo aiuto finanziario ad un importante Personaggio di San Marino e cedevamo parte dei nostri diritti. Qui la gestione amministrativa ha fatto delle mosse che io non condividevo e mi sono ritirato facendomi liquidare la mia parte. Dopo la mia uscita venivano commessi degli errori ed il tutto venne chiuso. Il tutto sarà ripreso quando le condizioni sociali italiane lo permetteranno. Ho dato e do tanta importanza a questo prodotto in quanto lo ritengo idoneo a consentire il passaggio alla trazione elettrica e anche ad un enorme risparmio elettrico a seguito dell’impiego di pacchi di batterie con inveters negli appartamenti, per ripartire il prelievo nell’arco delle 24 ore e non nelle sole ore di punta. Tornai a Roma ( 1989) e creai un mio studio-laboratorio in Ladispoli, in un fabbricato in passato da me costruito. Perfezionai la mia saldatrice portandola alla dimensione di un cubo di 50 centimetri di lato e ne preparai 200 esemplari da destinare a noleggio. Contemporaneamente mi resi conto che in Italia non era più possibile avviare qualsivoglia impresa economica e rivolsi la mia attenzione agli aspetti teorici della questione sociale e alla matematica. In questo secondo settore ho ottenuto l’insperato risultato di trovare la soluzione delle equazioni di grado "n". Ho dimenticato di dire che nel 1973 ho trovato le formule di progetto dei pilastri pressoinflessi. Ho pure dimenticato di dire che io programmo i computers fin dall’uscita del primo PC Olivetti ( Primo al mondo.) e con uno di tali PC, alla fine degli anni ’70 ho realizzato un programma per la progettazione delle strutture in cemento armato che partendo dall’introduzione dei dati dello schema geometrico di esse, in 20 minuti forniva i progetti esecutivi dei suoi elementi , pronti per i ferraioli e i carpentieri. La mia lunga esperienza di software mi ha permesso di realizzare il programma derivato dal mio Algoritmo, per la soluzione istantanea delle equazioni di grado "n". Ho scelto di fornire gratuitamente programmi e formule. Oggi sono pienamente appagato e voglio ricambiare la benevolenza della Vita dedicandomi sempre più ad aiutare il progresso della Cultura nei vari campi dello scibile in cui mi sono cimentato, spesso con successo. Tutti gli eventi e i Personaggi della mia Vita vanno visti alla luce di questo mio cammino di Conoscenza e di Servizio. Il mio lavoro è e sarà reso pubblico sulla mia Home Page in Internet http://www.bellia.com

Ladispoli 4 Dicembre 1996


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